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Diritto ambientale: vetustà impianto depurazione non giustifica superamento valori limite

La sentenza del Tribunale di Cagliari n. 1520/2020 affronta nell’ambito del diritto ambientale il tema delle esimenti idonee a superare la responsabilità conseguente a sanzioni amministrative, chiarendo quali siano i presupposti dello stato di necessità.
Il caso di specie riguarda sanzioni disciplinate dal diritto ambientale per violazione dei limiti di emissione di un impianto per il trattamento di acque reflue. Al gestore veniva contestato di aver violato, nei giorni in cui sono stati eseguiti controlli, i limiti allo scarico riferibili ad alcuni parametri riportati nella tabella 3, allegato 5, parte III del d.lgs. 152/2006.
Il gestore si difendeva contestando che l’impianto nel quale erano state rilevate le violazioni non era un impianto produttivo, la cui attività può essere sospesa ogni qualvolta si verifichi un problema tecnico (e fino alla risoluzione dello stesso) o una situazione esterna eccezionale, ma un impianto di depurazione a servizio di un abitato, al quale non poteva essere impedito di produrre reflui da trattare e che non poteva sospendere l’attività, perché ciò significherebbe scaricare un refluo completamente non trattato.
Inoltre, il gestore eccepiva di essersi visto affidare un impianto di vecchia concezione, per il quale erano in programma interventi di integrale rinnovamento ed adeguamento strutturale, perché realizzato quando non esistevano i limiti allo scarico introdotti dalla vigente normativa ambientale. Tale impianto, quindi, non sarebbe stato in grado di assorbire costantemente i flussi provenienti dall’abitato che erano soggetti a variazioni sia qualitative che quantitative.
Secondo i giudici sardi, in linea con precedenti statuizioni del Tribunale di Cagliari, nel caso di specie non risultano allegate e comunque provate specifiche ragioni tecniche e strutturali in virtù delle quali il gestore dello scarico in argomento sarebbe stato assolutamente impossibilitato  a  rispettare i limiti di accettabilità  specificamente  prescritti in sede di autorizzazione,  ciò che esclude in radice la possibilità di imputare la condotta lesiva a stato di necessità ovvero ad obblighi di legge e di servizio, potendo le invocate scriminanti concretamente operare solo allorquando l’autore della condotta non  si sia  posto per suo fatto e colpa nella condizione di dover violare la norma precettiva oggetto di contestazione”.

Leggi il commento integrale dell’Avv. Amedeo Pisanti alla sentenza pubblicato su Il Sole 24 Ore