Antenna telefonia: per il Comune locazione non diventa concessione

La locazione di un immobile comunale per l’istallazione di un’antenna di telefonia mobile non diventa concessione, se il bene rientra nel patrimonio disponibile
Essa non si trasforma automaticamente in concessione per effetto dell’art. 93 del d.lgs. 259/2003 ed il canone contrattualmente pattuito non viene sostituito dal minore importo della Tosap/Cosap.
E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Arezzo con la sentenza n. 582/2023, fissando un importante precedente in favore di quei Comuni che si sono visti nel tempo corrispondere dalle aziende proprietarie di un’antenna di telefonia mobile i minori importi della tassa di concessione in luogo del canone di locazione originariamente pattuito.
La sentenza si fonda sul presupposto che, affinché un bene possa qualificarsi come facente parte del patrimonio indisponibile, è necessaria la sussistenza simultanea di un doppio requisito, soggettivo e oggettivo, e cioè la manifestazione di volontà dell’ente titolare del bene e l’effettiva, nonché attuale destinazione del bene al servizio pubblico, in assenza dei quali il bene va ascritto al patrimonio disponibile.
Quando tale doppio requisito non sussiste, il bene rientra nel patrimonio disponibile dell’Amministrazione, a nulla rilevando la circostanza che sia utilizzato per istallarvi un’antenna di telefonia mobile destinata a servire il pubblico degli utenti.
Infatti, secondo il tribunale aretino l’attività della società conduttrice non può concorrere ad attribuire al terreno comunale oggetto di locazione una diversa qualificazione giuridica, in quanto la destinazione al pubblico servizio richiede che vi sia corrispondenza tra l’oggetto della destinazione e le attribuzioni dell’ente: l’inclusione nel patrimonio indisponibile comunale deve consistere in un atto con cui la P.A. concede il bene in godimento al privato per l’esercizio indiretto di un servizio pubblico assunto dall’ente stesso.
Non rientrando nelle attribuzioni del Comune l’esercizio del servizio di telecomunicazioni, l’area a tale scopo destinata non può assumere la qualifica di bene del patrimonio indisponibile, e deve pertanto ritenersi che la cessione in godimento dell’area in virtù del contratto dedotto in giudizio inerisca ad un bene facente parte del patrimonio disponibile e si inquadri nello schema privatistico della locazione di immobili.
Secondo il Tribunale di Arezzo non è condivisibile la tesi secondo cui l’art. 93 del d.lgs. 259/2003 (anche a seguito della sua interpretazione autentica fornita prima dall’art. 12, co. 3, del d.lgs. 33/2016 e poi dall’art. 8-bis, co. 1, lett. c) d.l. n. 135/2018) sarebbe norma imperativa applicabile a tutti i beni, indipendentemente dalla loro appartenenza al demanio, al patrimonio indisponibile o a quello disponibile, con la conseguenza che in caso di previsione di canoni eccedenti l’importo della Tosap/Cosap (a partire dal 2021 canone unico per effetto dell’art. 1, co. 816, l. 160/2019), essi non sono coattivamente sostituiti dall’importo corrispondente alla tassa, secondo il meccanismo sostituivo della nullità parziale.
Tali norme di interpretazione autentica, infatti, non sono applicabili ai contratti che l’ente pubblico stipula con soggetti privati ponendosi sul loro stesso piano, ossia esprimendo il medesimo potere negoziale, con esclusione, dunque, di ogni potere impositivo o posizione di supremazia.
La sentenza, che ha definito un giudizio nel quale l’Amministrazione comunale è stata difesa dal nostro Studio, conferma l’orientamento già espresso dalla sentenza n. 240/2022 del Tribunale di Treviso su una vicenda analoga.

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